Vaginiti infettive e rischio di infezioni di maggiore rilevanza

La vaginite batterica, la più comune infezione vaginale nelle donne in età riproduttiva, è la conseguenza di un’alterazione dell’ecosistema vaginale, in cui i lattobacilli, specie prevalente nella vagina sana (Figura 1), sono sostituiti da una flora mista costituita principalmente da anaerobiche include le specie Gardnerella vaginalis, Bacteroides (Prevotella) spp, Mobiluncus spp e Mycoplasma hominis (1).

Figura 1. Prevalenza di Lactobacillus spp nella vagina sana (colorazione di Gram; ingrandimento x400).

 

La Gardnerella vaginalis è la principale causa di infezione nella vaginite batterica, in quanto porta il pH vaginale oltre 5 e permette la crescita di vari batteri anaerobi obbligati.

Nella metà dei casi questo tipo di vaginite infettiva può rimanere asintomatico, negli altri casi determina la comparsa di una sintomatologia modesta, limitata a scarse perdite vaginali con odore tipo pesce, mentre manca l’infiammazione della mucosa vaginale ed è raro il prurito vulvare (2,3).

Per la diagnosi di vaginite batterica è necessario che siano presenti tre dei quattro criteri di Amsel (perdite vaginali omogenee non infiammatorie; pH vaginale >5.4; presenza di cluecells, ovvero batteri adesi ai bordi delle cellule epiteliali, in oltre il 20% delle cellule epiteliali; whiff test positivo) (2).

Tra le complicanze di particolare rilievo a cui lavaginite batterica può essere associata, è da ricordare l’acquisizione e la trasmissione del virus dell’immunodeficienza umana (HIV) e di altri patogeni sessualmente trasmessi (Herpes simplex, Trichomonas vaginalis, Neisseria gonorrhoeae, Chlamydiatrachomatis) (1,4).

Per quanto riguarda l’associazione con l’HIV, il meccanismo ipotizzato è la riduzione dei lattobacilli, a cui conseguono la ridotta produzione di H2O2 e sostanze protettiva nei confronti dei virus, l’aumento del pH vaginale che crea condizioni favorenti la crescita e la sopravvivenza del virus, mentre un basso pH inibisce l’attivazione dei linfociti CD4 e riduce le cellule bersaglio dell’HIV nella vagina (4).

La vaginite batterica inoltre è associata a malattia infiammatoria pelvica (PID), endometrite, cervicite mucopurulenta, infezioni urinarie e ad un aumento di 3 volte del rischio di infezioni postchirurgiche (1).

La tricomoniasi vaginale, una malattia sessualmente trasmessa, è causata dal protozoo Trichomonas vaginalis. I sintomi sono rappresentati da perdite vaginali maleodoranti schiumose di colore giallo-verde, intenso prurito, edema ed eritema delle pareti vaginali. Talora possono associarsi dispareunia, disuria e dolore addominale, ma fino al 50% dei casi possono essere del tutto asintomatici (1).

L’esame microscopico in contrasto di fase “a fresco” consente di individuare i protozoi flagellati, riconoscibili anche per la loro motilità. All’esame obiettivo con lo speculum sono facilmente evidenziabili la tipica secrezione e la presenza di bolle gassose.

Anche per la vaginite da Trichomonas vaginalis, considerata a lungo un semplice fastidio probabilmente anche per l’assenza di sintomi in molti casi, è stata recentemente dimostrata l’associazione con una maggiore incidenza di infezione da HIV.

L’infezione da Trichomonas infatti compromette la barriera epiteliale vaginale, determina modificazioni dell’immunità innata ed adattativa che predispongono all’infezione da HIV e modifica la composizione del microbiota vaginale aumentando il pH vaginale (4).


 

Bibliografia

1.Tavassoli K., Mattana P. L’attualità del trattamento topico delle infezioni vaginali con l’associazione metronidazolo-clotrimazolo. MINERVA GINECOL 2013;65

2.Hainer BL, Gibson MV. Vaginitis: Diagnosis and Treatment. AmFamPhysician 2011;83:807-15

3.Andrews J. Vulvovaginal disease: An Evidence-Based approach to medical management. Jcom 2009; 16 (1): 281-293

4. Mirmonsef P et al. The Role of Bacterial Vaginosis and Trichomonas in HIV Transmission Across The Female Genital Tract. Curr HIV Res 2012 ; 10(3): 202–210

 

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N. 10/2015 - MedTOPICS - Periodico Quindicinale
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