Alimentazione di genere
Una crescente mole di dati scientifici ci indica quante differenze esistano tra uomini e donne circa l’insorgenza, la progressione e le manifestazioni cliniche delle malattie, differenze che si estendono anche alla risposta terapeutica rispetto ai diversi principi farmacologicamente attivi.
All’interno della Medicina Genere-Specifica trova il suo spazio anche lo studio dell’Alimentazione di genere: da sempre si conoscono i differenti fabbisogni tra uomini e donne in relazione a micro- e macronutrienti, mentre risulta ancora terreno vergine lo studio di come il cibo possa avere una valenza terapeutica diversa tra i due diversi sessi.
Fabbisogni diversi.
Come ben sanno tutte le donne che intraprendono un percorso di dimagrimento, il sesso femminile ha un metabolismo più lento: gli uomini hanno una maggior richiesta energetica in termini di calorie e di macronutrienti.
Anche nei micronutrienti si registra una richiesta maggiore nell’uomo rispetto alla donna, con l’eccezione del ferro:
10-12 mg al giorno per l’uomo contro i 18 mg quotidiani della donna in età fertile, dove il maggior fabbisogno è giustificato dalla perdita di ferro durante il mestruo.
Altro minerale che risente del diverso fabbisogno femminile è il calcio: nella donna dopo la menopausa aumenta di 200-400 mg al giorno, poiché, dal momento in cui non c’è più la protezione garantita dagli estrogeni, la donna è maggiormente esposta al rischio di demineralizzazione ossea rispetto all’uomo (il fabbisogno aumenta anche in caso di amenorrea primaria e ipotalamica).
Preferenze diverse.
L’uomo, virile e “forte”, è un gran consumatore di carne rossa, formaggi stagionati, affettati, vino e piatti ben conditi (“pesanti” sotto l’aspetto digestivo); la donna, “sesso debole” e uccellino, preferisce invece verdura, cereali in chicco, pesce, formaggi magri e piatti genericamente “leggeri” (sia da un punto di vista digestivo che come contributo calorico). Alcuni studi in ambito psicologico hanno provato ad indagare se queste preferenze, registrate attraverso studi osservazionali e somministrazione di questionari di gradimento, siano da legare a motivazioni biologiche o piuttosto a condizionamenti sociali: come non sorprenderà leggere, le preferenze di genere esistono, ma sono frutto di un retaggio culturale, e non di quanti cromosomi X ci siano nel proprio patrimonio genetico. D’altronde, quanto spesso capita che i genitori siano più indulgenti con i peccati di gola dei figli maschi (e anzi vedano come un segno di salute la loro voracità), e tendano invece a limitare le porzioni delle figlie femmine, orientandole verso scelte più salutiste? Questo è un condizionamento legato al nucleo familiare, che tuttavia risuona anche nella società in cui siamo immersi: i mass media e i social media ci dicono in modo estremamente chiaro come ci si aspetta che uomini e donne mangino, e questo influenza il comportamento dei singoli soggetti, trasformandosi in “preferenze” (ma non sarebbe meglio dire “pressioni sociali”?).
Nutraceutica diversa.
Con il termine “nutraceutica” ci si riferisce allo studio di come le componenti nutrizionali e i principi attivi degli alimenti possano influenzare la salute, spesso in modo estremamente soggettivo: uno stesso principio attivo (ad esempio la caffeina) può avere un effetto opposto in persone diverse, in relazione alla diversa genetica e ai diversi condizionamenti ambientali.
Gli studi più recenti ci inducono a credere che esista una Nutraceutica di genere: a ben pensare, non potrebbe essere altrimenti se consideriamo che esistono differenze di genere nel modo in cui le malattie colpiscono e agiscono sui diversi sessi.
Proviamo ad analizzare più da vicino la situazione: i dati Istat in Italia, e quelli dell’OMS per il resto del mondo, ci dicono che, rispetto all’uomo, la donna si ammala meno e smaltisce più facilmente le malattie infettive; questa efficienza del sistema immunitario è un’arma a doppio taglio, che si riflette in una maggior possibilità di sviluppare malattie sistemiche e autoimmuni. Se andiamo a vedere quali siano le malattie che interessano più frequentemente il sesso femminile troviamo: osteoporosi, depressione, anoressia, malattie tiroidee, cefalea ed emicrania, morbo di Alzheimer, artrosi e artrite, calcolosi, cistite, neuropatie, diabete.
Le cause di queste malattie di genere risiedono in parte nel condizionamento ormonale, in parte nei geni veicolati dal doppio cromosoma X, in parte - di nuovo - in condizionamenti sociali.
Per ciascuna patologia citata esistono numerose evidenze scientifiche che dimostrano il modo in cui l’alimentazione possa agire a prevenire l’insorgenza della malattia stessa o le sue recidive, e possa essere un coadiuvante terapeutico per modulare l’intensità dei sintomi. Potremmo, quindi, spingerci a parlare di Nutraceutica di genere nel momento in cui individuiamo un insieme di alimenti, micronutrienti e modelli dietetici che possano essere di specifico supporto per gli uomini a prevenire malattie infettive, e per le donne a tutelare dai sintomi delle malattie sistemiche.
Ponendo sempre come base comune ai due sessi una dieta antinfiammatoria su modello mediterraneo, in relazione al sesso femminile si può dire che:
- Le donne possono trarre giovamento da una dieta normoproteica, ricca di fibra vegetale, zinco, selenio, calcio e potassio, utile sia ad aumentare il picco di mineralizzazione ossea sia a diminuire la deplezione di calcio dopo la menopausa o in periodi di amenorrea protratta.
- Alle donne può essere raccomandato un profilo glucidico inferiore all’uomo, strategia utile nella prevenzione del diabete e dell’Alzheimer (conosciuto anche come diabete tipo III).
- La supplementazione di vitamina B12, unita a una dieta povera di alimenti istamino-correlati e di sodio, è una strategia efficace per diminuire gli episodi di emicrania e cefalea.
- Gli antiossidanti con azione più mirata sono i flavonoidi, la quercetina, il coenzima Q10 e la vitamina E.
Invece, una Nutraceutica declinata al maschile dovrebbe mirare a:
- Incrementare il contributo di vitamina C attraverso il consumo di frutta e verdura fresche, crude e stagionali.
- Suggerire un consumo più consistente di alimenti che siano fonte di grassi buoni, come ad esempio olio extravergine di oliva, burro di qualità, frutta secca non tostata, avocado e cocco.
- Supportare il sistema immunitario attraverso l’azione prebiotica di FOS e GOS, in particolare per la prevenzione di malanni stagionali (FOS e GOS sono particolari fibre, che si trovano in cereali integrali, legumi, cipolle, porri, carciofi, cicoria, asparagi).
Da ultimo, non va dimenticato che i più recenti studi in ambito di fertilità sottolineano che i gameti maschili possono essere compromessi più frequentemente di quelli femminili dal danno radicalico, ma al contempo che la fertilità maschile risenta più facilmente di quella femminile di cambiamenti nello stile di vita: in ambito nutraceutico vale la pena sottolineare che i nutrienti più studiati siano il coenzima Q10, arginina e ornitina, acido alfa-lipoico, zinco, vitamine B12-B6-B2 (a livello alimentare questo si potrebbe tradurre nella raccomandazione a mangiare più frequentemente della donna carne e pesce, purché di ottima qualità).
Bibliografia
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- Grzymislawska M, Puch EA, Zawada A, Grzymislawski M. Do nutritional behaviors depend on biological sex and cultural gender? Adv Clin Exp Med 2020; 29(1):165-172.
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