Efficacia e sicurezza di T-DM1
nella common-practice nel carcinoma mammario HER2-positivo avanzato: uno studio multicentrico
INTRODUZIONE
La resistenza, de novo e acquisita, a trastuzumab rappresenta un importante problema clinico nel trattamento del carcinoma mammario in quanto, nonostante l’efficacia del farmaco, potenzialmente tutte le pazienti con carcinoma mammario metastatico (mBC) vanno incontro a progressione della malattia e alcune pazienti con malattia in stadio iniziale possono presentare recidiva dopo terapia adiuvante.
In quest’ambito sono state sviluppate diverse terapie HER2-targeted, che includono lapatinib, pertuzumab e T-DM1.
Lo studio EMILIA ha dimostrato l’efficacia di T-DM1 in seconda linea nelle pazienti con mBC precedentemente sottoposte a terapia con trastuzumab-taxano.
Nel successivo studio di fase III TH3RESA, T-DM1 si è dimostrato efficace anche come terapia sequenziale dopo lapatinib e trastuzumab.
Tuttavia, le informazioni su T-DM1 derivate dalla pratica clinica (field-practice) sono limitate e non ci sono studi sull’attività del farmaco in rapporto a fattori quali linea di trattamento, precedente trattamento con lapatinib e localizzazione dei siti metastatici.
Obiettivo di questo studio multicentrico in field-practice è stato quello di investigare attività e sicurezza di T-DM1, focalizzando l’attenzione su linea di trattamento, precedente trattamento con lapatinib e pattern di diffusione metastatica.
RISULTATI
Popolazione dello studio
Sono state identificate, mediante il riesame delle cartelle cliniche di 24 centri italiani, 303 pazienti con mBC HER2-positivo che erano state trattate con T-DM1 nel periodo compreso tra aprile 2012 e giugno 2016.
Tabella 1.
Percentuali di pazienti in funzione del trattamento e della linea di trattamento.
Complessivamente, 149 pazienti erano state pretrattate con lapatinib: 17 (11%) in prima linea, 130 (87%) in seconda linea e 2 (1%) in ulteriori linee di trattamento.
La Tabella 1 riporta le percentuali di pazienti in funzione del trattamento e della linea di trattamento.
Percentuali di risposte e beneficio clinico
Le pazienti sono state sottoposte a una mediana di 6 cicli (range 1-32) di T-DM1 e per 282 pazienti erano disponibili le informazioni sulla percentuale di risposte.
La percentuale di risposte obiettive (ORR) è risultata pari al 36.2% (102/282), con un totale di 11 risposte complete (CR) (3.9%).
Quando T-DM1 è stato utilizzato come terapia di seconda linea è stata osservata una ORR del 44.5%, mentre quando utilizzato oltre la terza linea ORR è stata del 24.2% (23/95). Considerando, in particolare, le pazienti che avevano ricevuto un precedente trattamento con lapatinib, 116 avevano ricevuto T-DM1 alla progressione di malattia durante tale terapia. Dieci, 41 e 65 avevano ricevuto T-DM1 come terapia di seconda, terza e quarta linea rispettivamente, dopo progressione da lapatinib.
In Tabella 2 sono riportate le risposte relative al trattamento sequenziale lapatinib e T-DM1.
Tabella 2.
Risposta al trattamento con lapatinib e T-DM1 (terapia sequenziale).
Sopravvivenza
La PFS mediana è stata pari a 7.0 mesi nella popolazione globale, raggiungendo 9.0 e 12.0 mesi quando T-DM1 è stato utilizzato rispettivamente in seconda e terza linea (Figura 1).
Figura 1.
Sopravvivenza libera da progressione secondo la linea di trattamento con T-DM1. T-DM1 in II linea: PFS mediana = 9 mesi (CI 95%: 6.4-11.6); T-DM1 in III linea: PFS mediana = 12 mesi (CI 95%: 9.7-16.3); T-DM1 > III linea: PFS mediana = 5 mesi (CI 95%: 4.0-5.9).
DISCUSSIONE
In questo studio di grandi dimensioni è stata valutata l’attività e la sicurezza del trattamento con T-DM1 in real-practice, in una popolazione non selezionata di pazienti con mBC già trattate in precedenza.
T-DM1 in seconda linea ha mostrato mPFS di 9.0 mesi e ORR di 44.4%, analogamente a quanto osservato nello studio EMILIA (PFS 9.6 e ORR 43.6%).
Da evidenziare che nel sottogruppo di pazienti trattate con T-DM1 in terza linea la mPFS è risultata più lunga (12.0 mesi). Il 56% delle pazienti di questo sottogruppo era stato trattato con lapatinib.
Pertanto, gli Autori ipotizzano che la prolungata PFS registrata nelle pazienti trattate con T-DM1 in terza linea possa essere associata alla precedente somministrazione di lapatinib.
Questa ipotesi concorda con l’osservazione in vitro, riportata da Scaltriti et al. (Oncogene 2009, 28:803-14), secondo cui lapatinib può ripristinare la sensibilità a trastuzumab favorendo l’accumulo di recettori HER2 sulla membrana cellulare.
Pur con tutti i limiti di ogni analisi retrospettiva, questi dati suggerirebbero che con l’utilizzo di lapatinib si ottiene una PFS maggiore migliorando il beneficio del trattamento successivo con T-DM1.
N. 19/2017 - MedTOPICS - Periodico Quindicinale
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