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Il dolore cronico nel sesso femminile: Il dolore cronico spesso si configura come una vera e propria malattia indipendente dalla patologia che lo ha inizialmente generato, e può rappresentare una problematica che si associa a costi sociali elevatissimi. Una ricerca epidemiologica condotta in vari Paesi europei riporta come circa il 18% della popolazione europea sia affetta da un dolore cronico, inteso come dolore che perdura per un periodo di almeno sei mesi. In Italia questa percentuale raggiunge il 26%, di cui il 56% è rappresentato da donne (1). È ben noto, in effetti, che le donne sviluppano più facilmente rispetto agli uomini una sintomatologia dolorosa. Ciò risulta particolarmente evidente se si analizzano determinate fasce d’età della popolazione: Sempre secondo tali ricerche, il 25% dei pazienti affetti da sintomatologia dolorosa cronica ritiene che il dolore peggiori la loro qualità della vita e nel 21% dei casi il dolore cronico è causa di insorgenza di depressione (1). In particolare, nella donna determinati fattori di fragilità quali, ad esempio, l’isolamento o la mancanza di adeguato supporto da parte della famiglia, possono aggravare la sintomatologia e spesso essere causa di sindromi depressive e di altri problemi di natura psicologica. Il sommarsi di tali problematiche conduce comunemente ad una notevole riduzione della qualità della vita (2). Un’indagine promossa dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (O.N.Da) ha evidenziato che in Italia più di una donna su due (il 57%) soffre di manifestazioni dolorose croniche; tale percentuale sale al 70% al di sopra dei 65 anni di età. In tale indagine epidemiologica è emerso che, in oltre il 25% delle donne arruolate, le manifestazioni dolorose interferivano gravemente con le attività domestiche, la deambulazione, la concentrazione e l’autonomia; inoltre, in più del 47% delle donne prese in considerazione, il dolore disturbava in maniera significativa il sonno notturno. Da un punto di vista epidemiologico, nel sesso femminile i dolori cronici che presentano una maggiore incidenza sono i cosiddetti dolori cronici “benigni” come ad esempio quelli provocati da cefalea, nevralgie, patologie osteoarticolari o lesioni traumatiche (figura 1).
Il dolore oncologico rappresenta una quota minore in termini percentuali, ma ovviamente ha un grande impatto emotivo. Ad esempio, nelle donne con carcinoma mammario negli stadi iniziali generalmente non è presente una sintomatologia dolorosa, ma nelle forme metastatiche, in cui gli organi maggiormente colpiti sono i polmoni e le ossa, il dolore diventa una delle problematiche più sentite dalle pazienti; in questi soggetti, la forte sintomatologia dolorosa determina spesso disturbi del sonno, che a loro volta si correlano a depressione ed a stress. Da questi dati emerge pertanto come il dolore sia un’esperienza che la grande maggioranza delle donne si trova a dover affrontare per periodi anche lunghi della propriavita e che spesso condiziona l’umore e la capacità di svolgere le attività di vita quotidiana e la qualità della vita stessa. Di qui l’importanza di un adeguato approccio terapeutico che tenga anche presente le esigenze di ciascun paziente. Le più importanti linee guida internazionali sul trattamento del dolore cronico indicano che esso deve essere trattato in base alla sua intensità. Nel dolore di lieve intensità viene generalmente raccomandato l’utilizzo di paracetamolo o FANS, mentre nel dolore d’intensità moderato–severa sono indicati i farmaci oppiacei. Nell’ambito dei farmaci oppioidi, si può considerare in caso di necessità l’utilizzo dei cosiddetti “oppiacei forti”, a bassi dosaggi, anche nel dolore moderato (3). ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
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